Ho chiesto a ChatGPT (piattaforma di Intelligenza Artificiale, ma che lo dico a fare!) di farmi un’analisi sintetica del “Piano Draghi sul Futuro della Competitività dell’Unione Europea”, presentato lo scorso 9 settembre da Mario Draghi alla Commissione UE. Prima l’ho fatto sfogare e poi gli ho fatto una domanda cattiva.
Era settembre 2023 quando la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha incaricato l’ex presidente della Banca centrale europea di preparare un rapporto sulla competitività dell’Unione Europea, poi noto come Rapporto Draghi o Piano Draghi. Inizialmente, si prevedeva di pubblicarlo in concomitanza con il Consiglio europeo di fine giugno. Poi i tempi si sono prolungati fino a lunedì 9 settembre 2024.
Si tratta di un documento lungo, denso e articolato (tutto in inglese), che non avevo proprio tempo di leggere, (eccolo qui sotto), così ho chiesto a ChatGPT di analizzarlo e sintetizzarlo per me.
Ed ecco le risposte di ChatGPT alle mie domande, con qualche tocco personale qua e là:
Cosa propone Draghi nel “Rapporto Draghi”?
L’economia europea è in stallo da anni, e lo scenario attuale non è affatto roseo. Mario Draghi, ex presidente della Banca Centrale Europea, è ben consapevole della gravità della situazione e ha elaborato un piano che ha scosso molte certezze. Se non si interviene subito, dice Draghi, l’Europa rischia di dover scegliere tra tagliare il welfare, rinunciare all’ambiente o addirittura sacrificare la libertà. Parole forti.
Il piano di Draghi ruota intorno a tre grandi trasformazioni per l’Europa:
- Migliorare la produttività: secondo Draghi, l’Europa è in forte ritardo rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, specialmente nei settori tecnologici. L’Europa investe ancora in tecnologie mature come l’automobilismo, mentre gli altri puntano su innovazione digitale e intelligenza artificiale.
- Decarbonizzazione: l’energia costa troppo in Europa rispetto ad altre grandi economie. Serve un massiccio investimento nelle energie rinnovabili, e questo richiede capitali enormi.
- Sicurezza e riduzione delle dipendenze: l’Europa deve diversificare le sue catene di approvvigionamento, soprattutto nel settore energetico, per non dipendere più da paesi come la Russia o la Cina. Anche qui, però, servono investimenti colossali.
Ma chi pagherà tutto questo?
Ed eccoci al punto dolente. Da dove arriveranno questi soldi? Draghi ha proposto un piano che richiede 800 miliardi di euro di investimenti l’anno, il 5% del PIL europeo. È una cifra che ricorda i tempi del Piano Marshall, quello che ha ricostruito l’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ma mentre allora l’investimento era pari al 2% del PIL, oggi stiamo parlando del 5%. Numeri giganteschi, per capirci.
Draghi propone di usare strumenti di debito comune a livello europeo, come gli eurobond, una misura molto discussa, che però solleva non pochi dubbi e resistenze, soprattutto nei paesi del Nord Europa. Ma attenzione, perché tra le righe del piano sembra affiorare un’altra soluzione: usare il debito privato. E qui viene il bello, o meglio, il brutto.
Cosa significa “debito privato” per noi italiani?
Draghi suggerisce, tra le righe, che si potrebbe utilizzare il risparmio privato per finanziare la transizione verde e la difesa europea. Indovina quale paese ha il debito privato più alto rispetto al PIL? Esatto, proprio l’Italia. Tradotto: i risparmi degli italiani potrebbero essere usati per finanziare questi enormi investimenti.
I conti correnti o i risparmi investiti in strumenti finanziari, potrebbero in qualche modo essere impiegati per sostenere questo piano. Come? Magari attraverso un aumento delle tasse sui risparmi o forme di prelievo indiretto. Non è una novità: in passato si è già parlato di prelievi forzosi sui conti correnti in situazioni di emergenza finanziaria.
C’è rischio di una nuova austerità?
Non dimentichiamo che alcuni paesi, come Francia e Germania, stanno già implementando nuove misure di austerità. Se dovessimo arrivare a una crisi severa, Draghi non esclude che ci potrebbe essere una nuova ondata di tagli e aumenti delle tasse. Questo potrebbe avere un impatto diretto sul nostro benessere economico, con conseguenze potenzialmente devastanti, specialmente per i piccoli risparmiatori.
E quali sono i vantaggi del piano?
Ovviamente, Draghi non sta proponendo questo piano per fare un dispetto ai risparmiatori. L’obiettivo, infatti, è costruire un’Europa più forte, più competitiva e più autonoma. Se il piano riuscisse, l’Europa potrebbe finalmente tornare a competere con le superpotenze mondiali, riducendo la sua dipendenza energetica e migliorando la sua capacità di innovare.
Ma come sempre, la strada per il successo è lunga e tortuosa. Il piano richiede un consenso ampio tra i paesi membri dell’Unione Europea, cosa tutt’altro che facile da ottenere. E soprattutto, richiede che i risparmiatori e i cittadini siano disposti a fare la loro parte, a costo di sacrificare parte della loro ricchezza.
Come si fa con quel mostro del “debito comune”?
Il concetto di debito comune europeo è stato spesso discusso, ma mai veramente applicato su larga scala. L’idea sarebbe quella di emettere titoli di debito garantiti da tutti i paesi membri, in modo che il rischio venga distribuito equamente tra tutti. Ma paesi come la Germania e l’Olanda, notoriamente contrari a questa idea, non vedono di buon occhio l’idea di dover condividere il rischio con paesi economicamente più fragili come l’Italia o la Grecia.
E anche qui, indovina chi potrebbe rimetterci? Proprio quei paesi che già oggi si trovano in una situazione finanziaria delicata. Mutualizzare il debito significa anche condividere le responsabilità. Ma chi sarà disposto a farlo davvero?
Domanda “cattiva” e relativa risposta…
ChatGPT, cosa “non va” nel Piano Draghi ?
Il Piano Draghi presenta molte idee ambiziose, ma ci sono alcuni aspetti che sollevano dubbi e preoccupazioni. Ecco alcuni punti che “non tornano” o che potrebbero risultare problematici:
1. L’enorme cifra richiesta per gli investimenti
Draghi propone un investimento di 800 miliardi di euro all’anno, pari al 5% del PIL europeo. Questa cifra è astronomica e ben superiore a quanto previsto in altre grandi operazioni di ricostruzione, come il Piano Marshall (che rappresentava il 2% del PIL). La domanda è: dove troveremo tutti questi soldi?
- Debito comune: Draghi parla di mutualizzare il debito a livello europeo, ma questo richiederebbe un accordo tra tutti i 27 Stati membri. E sappiamo quanto questo tipo di accordi sia difficile da ottenere, soprattutto a causa delle forti resistenze di paesi come Germania, Olanda e i cosiddetti “frugali” del Nord Europa.
- Impatto sul risparmio privato: il rischio è che il piano possa coinvolgere il risparmio privato (soprattutto nei paesi ad alto tasso di risparmio, come l’Italia) per finanziare parte di questi investimenti, qualcosa che chiaramente preoccupa i cittadini.
2. La produttività europea: una sfida complessa
Uno dei cardini del piano è migliorare la produttività europea, che secondo Draghi è stagnante dal 2008. Tuttavia, non è così semplice aumentare la produttività di interi settori economici, soprattutto se si considera la struttura dell’economia europea:
- Settori tradizionali e burocratici: Molti settori europei, come l’industria automobilistica, sono maturi e non guidano più l’innovazione. Per Draghi, l’Europa deve puntare su settori emergenti come l’intelligenza artificiale e il digitale, ma il passaggio a queste tecnologie dirompenti non avverrà da un giorno all’altro.
- Burocrazia soffocante: Draghi sottolinea la necessità di snellire la burocrazia, ma i tentativi di semplificazione a livello europeo sono stati spesso lenti e complicati. Non è chiaro come si possa davvero snellire l’apparato burocratico europeo in tempi utili.
3. Rischi geopolitici e dipendenze
Il piano di Draghi propone una riduzione della dipendenza energetica dalla Russia e dalla Cina, ma la transizione verso nuove fonti energetiche e l’indipendenza produttiva potrebbe essere molto costosa:
- Energia rinnovabile: Sebbene l’energia rinnovabile sia la soluzione a lungo termine, richiede investimenti colossali e, nel breve termine, l’energia in Europa rimarrà probabilmente molto più costosa rispetto a quella di Stati Uniti e Cina. Questo rende difficile competere a livello globale, specialmente per le industrie ad alta intensità energetica.
- Spese di difesa e sicurezza: Draghi parla anche di investimenti per garantire la sicurezza dell’Europa e ridurre le dipendenze economiche da paesi terzi. Anche qui, si tratta di spese enormi che non risolvono immediatamente i problemi, ma che possono gravare ulteriormente sulle finanze dei paesi membri.
4. Il debito comune: un terreno minato
Draghi propone una maggiore integrazione fiscale e l’emissione di debito comune (es. Eurobond) per finanziare il piano. Tuttavia, questa proposta è sempre stata molto controversa:
- Paesi contrari: Stati come la Germania e l’Olanda sono storicamente contrari alla mutualizzazione del debito perché temono di dover sostenere economicamente i paesi in difficoltà finanziaria, come l’Italia o la Grecia. Anche se Draghi cerca di far passare questa idea come necessaria per affrontare le sfide globali, ottenere l’accordo su larga scala sarà una sfida enorme.
- Implicazioni fiscali: Se si implementasse il debito comune, i paesi con finanze più fragili potrebbero trovarsi costretti ad accettare politiche di austerità e rigore fiscale, come abbiamo già visto in passato durante la crisi dell’euro. Questo potrebbe portare a tagli nei servizi pubblici o aumenti delle tasse, con un impatto diretto sui cittadini.
5. Sacrificare la sovranità nazionale
Draghi propone una maggiore integrazione economica e fiscale a livello europeo, arrivando a suggerire che i paesi membri dovrebbero cedere parte della loro sovranità in favore di un’Europa più forte e unita. Tuttavia, questa idea incontra diverse difficoltà:
- Resistenza politica: Molti paesi non sono disposti a rinunciare alla propria sovranità, specialmente in materia di politica fiscale. Ogni stato membro ha priorità diverse, e cedere potere decisionale a Bruxelles potrebbe essere visto come una minaccia alla sovranità nazionale, soprattutto in tempi di crescente populismo.
- Divergenze tra paesi: L’Europa è un continente estremamente eterogeneo, con differenze economiche, culturali e politiche significative tra nord e sud, est e ovest. Queste differenze rendono difficile immaginare una vera integrazione senza scontri e compromessi dolorosi.
6. Il tempo gioca contro l’Europa
Draghi avverte che l’Europa è in agonia lenta, ma la questione è: c’è davvero il tempo per implementare un piano così ambizioso?
- Burocrazia europea lenta: Anche se il piano venisse approvato, l’implementazione delle riforme e degli investimenti potrebbe richiedere anni. Nel frattempo, l’Europa continua a perdere terreno rispetto a giganti economici come Cina e Stati Uniti.
- Crisi demografica: Un altro problema che Draghi evidenzia è il declino demografico dell’Europa. Con meno giovani a disposizione e una popolazione sempre più anziana, chi sosterrà la crescita futura? Il piano di Draghi non affronta sufficientemente questa sfida strutturale.
Ma ora basta ChatGPT, hai parlato abbastanza. Questo è quello che ho capito io: siamo pronti a sacrificare qualcosa oggi per garantirci un futuro domani? O vogliamo rimanere ancorati a un sistema che rischia di farci affondare? Non si tratta solo di numeri o bilanci, ma del nostro ruolo nel mondo (di noi cittadini europei, intendo). Il tempo stringe, e il conto da pagare potrebbe essere salato.
Draghi ha detto la sua, giusta o sbagliata che sia; noi però diamoci una mossa.
UfficioFinanza.it – Domenico Guercia